Pier Paolo Pasolini, a 40 anni dalla morte
"La morte compie un fulmineo montaggio della nostra vita: ossia sceglie i suoi momenti veramente significativi (...) e li mette in successione, facendo del nostro presente, infinito, instabile e incerto, (...) un passato chiaro stabile, certo (...) Solo grazie alla morte, la nostra vita serve ad esprimerci."
Era il 1967 e così, nelle “Osservazioni sul piano-sequenza”, Pasolini, a partire dalla sequenza dell’assassinio di Kennedy di Abraham Zapruder, raccontava la sua idea del cinema paragonandolo alla vita, sequenza indecifrabile e continua di momenti che la morte, con l'ultimo decisivo taglio di montaggio riordina dandogli senso.
E’ uno degli aspetti cruciali del "cinema di poesia" di Pasolini, il cinema dove “si sente la cinepresa” a fronte del "cinema di prosa", il cinema narrativo classico dove l’autore si dissolve nel racconto.
Pasolini poeta
Il cinema come la vita ma, come racconta Pasolini in una intervista che vi proponiamo nel nostro approfondimento, la sua vita sono i suoi libri e in particolare le sue poesie, a partire da quelle friulane scritte a diciotto anni nel dialetto di Casarsa e della madre e, proprio perché in dialetto, già di per sé controcorrente e contro il regime di allora, quello fascista.
Ma il regime fascista ha lasciato il posto a quello che Pasolini definirà come regime capitalistico dell’omologazione e del consumismo e per questo sente lontana la forma del romanzo in lingua italiana: In “Ragazzi di vita” la vita infatti sarà raccontata nella lingua della borgata romana.
La mia scrittura nasce da un “istintivo e profondo odio contro lo stato in cui vivo, lo stato inteso come stato delle cose ma anche nel senso politico della parola, ma naturalmente con l’odio non si fa mai nulla…” dice Pier Paolo Pasolini e per questo scrive del popolo e con la sua lingua.
Pasolini regista
Le sue opere suscitano lo scandalo e la reazione della società borghese italiana di destra e di sinistra, una reazione che spesso lo trascinerà in tribunale. Perché, dice Pasolini, sono le opere di un intellettuale marxista che fa un’analisi marxista della realtà.
E da questa analisi della crisi della società italiana e della forma del romanzo che dovrebbe rappresentarla nasce per il Pasolini poeta, la necessità di passare al cinema, per abbandonare la lingua italiana e scrivere in quella che è per lui “una vera e propria lingua” universale e popolare.
E forse fu proprio l’embrione di quel cinema di poesia che spiazzò Fellini e Rizzoli e che portò all’abbandono del suo primo progetto cinematografico, come ci racconta Stefano Masi in “Pasolini, la nostra nouvelle vague” a proposito della genesi di “Accattone”.
Pasolini intellettuale
“Non ho rapporti con la borghesia italiana, ho rapporti con il popolo o con gli intellettuali”. Pasolini interpreterà fino in fondo il ruolo di intellettuale scomodo e manifesterà fino all’ultimo, specie nei suoi articoli per il Corriere della Sera, la repulsione per la società italiana appiattita dal consumismo veicolato soprattutto attraverso la tv.
In questi articoli prenderà posizioni spesso “scandalose” come era già stato nel ‘68 con i versi dedicati alla battaglia di Valle Giulia. Due dei più celebri sono il j’accuse sulla strategia della tensione in “Che cos’è questo golpe? Io so” e, all’indomani della vittoria sul divorzio, la sua polemica contro l’aborto ma a sostegno della raccolta delle firme per il referendum radicale ne “Il fascismo degli antifascisti”.
Proprio il suo ultimo testo, l’intervento per il congresso del Partito Radicale che fu letto al suo posto da Vincenzo Cerami, è un vero e proprio testamento intellettuale. Ennesima appassionata denuncia del pericolo di sempre, l’omologazione al potere:
“So che sto dicendo delle cose gravissime. D'altra parte era inevitabile. Se no cosa sarei venuto a fare qui? Io vi prospetto quello che per me è il maggiore e peggiore pericolo che attende specialmente noi intellettuali nel prossimo futuro. Una nuova "trahison des clercs": una nuova accettazione; una nuova adesione; un nuovo cedimento al fatto compiuto; un nuovo regime..."